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Logopedia bambini

Che cos’è la logopedia

ll termine “logopedia” deriva dalle parole greche logos “discorso” e paideia “educazione”; alla base della professione logopedica c’è, quindi, la presa in carico dei disturbi della comunicazione umana.
La comunicazione è quell’attività di vita quotidiana che permette lo scambio di messaggi tra due soggetti attraverso molteplici canali mediante i quali questa può realizzarsi; uno fra questi è il linguaggio, scritto e/ o orale.
Sono quindi impliciti nel termine stesso tutti gli aspetti costituenti il linguaggio, dalla capacità di esprimersi , nelle prime fasi dello sviluppo, articolando semplici suoni e parole, fino alla capacità di organizzare l’eloquio in termini discorsivo-narrativo, ad un più alto livello di elaborazione di idee e di concetti, implicanti funzioni cognitive superiori.
Il linguaggio e la comunicazione sono fondamentali per lo sviluppo intellettivo del bambino, perché consentono di organizzare il pensiero e di partecipare più attivamente alla realtà sociale in cui il bambino è inserito.
Il linguaggio è una funzione corticale superiore molto complessa che si sviluppa e matura sin dai primi anni di vita del bambino. Durante lo sviluppo si assiste all’acquisizione di competenze sempre più elaborate, come la scrittura e la lettura. Può succedere, però, che nel percorso di crescita si verifichino delle difficoltà, a vari livelli, che non consentano un adeguato sviluppo del linguaggio o la corretta acquisizione delle capacità di leggere, scrivere e far di conto.
È qui che interviene la logopedia, che all’interno di un’equipe multidisciplinare, si occupa della prevenzione, cura e riabilitazione delle patologie a carico dei deficit comunicativi, della parola, del linguaggio, orale e scritto,
La logopedia si occupa:

  • dei disturbi specifici di linguaggio;
  • disturbi della comunicazione;
  • del linguaggio scritto e orale ( disturbi dell’apprendimento);
  • ritardi mentali;
  • delle difficoltà di linguaggio legate a sordità e balbuzie;
  • disturbi neuro comportamentali (patologie cerebrali,autismo,traumi cranici), in età evolutiva, e adulta;
  • Disturbi del linguaggio acquisiti ( ad es. afasia);
  • cura e della prevenzione delle patologie di interesse foniatrico e otorinolaringoiatrico (disturbi della voce, deglutizione atipica).

Cosa sono i disturbi del linguaggio e della comunicazione

Sviluppo normale e variazioni nella norma: normalmente, cioè nella maggioranza dei casi, i bambini dopo un periodo di gorgheggi e giochi con la voce che vanno sotto il nome di lallazione, cominciano a dire le prime parole a scopo di richiamo e comunicativo verso i dodici mesi di età, epoca fatidica anche per la deambulazione autonoma. Lo sviluppo linguistico passa attraverso una fase più o meno lunga di lingua ‘privata’ e verso i due anni i bambini già possiedono un linguaggio espressivo piuttosto ricco , sia per comprendere che per esprimersi . Vari bambini,tuttavia,mostrano di comprendere bene ma tardano nell’esprimersi a parole,e talvolta anche la pronuncia può mantenersi scorretta e/o “infantile”più a lungo rispetto al fisiologico sviluppo . Le situazioni di biliguismo,inoltre,cioè con genitori che parlano una differente lingua , sono spesso associate a uno sviluppo del linguaggio un po’ atipico, che però tende di solito a normalizzarsi verso i tre anni e mezzo.
In alcuni casi il linguaggio, specialmente quello espressivo, ritarda nel manifestarsi. Si può trattare di un semplice ritardo del linguaggio, che viene ammesso come tale fino all’età di tre anni,oppure di un più serio problema di linguaggio o di sviluppo, talvolta collegato a patologie specifiche.
Patologie con difficoltà di linguaggio: per prima cosa va escluso ovviamente la sordità :la sordità o un’ipoacusia di vario grado,deve essere diagnosticata dallo specialista in audiologia, ramo dell’otorinolaringoiatria. Inoltre se è presente un ritardo dello sviluppo psicomotorio globale il ritardo del linguaggio potrà essere correlato con le condizioni generali del bambino. Bambini vissuti in ambienti privi di linguaggio e con interazioni ambientali inadeguate ad esempio in bambini adottati provenienti da istituti di altri paesi in condizioni al limite possono mostrare ritardo e difficoltà nell’apprendimento del linguaggio, associato di solito con altre difficoltà e incertezze di adattamento e contatto sociale.

Ritardo del linguaggio

in alcuni casi bambini portati a consultazione per difficoltà nell’espressione verbale presentano solo un ritardo nel linguaggio, cioè il bambino non ha ancora imparato l’uso del linguaggio come atteso per la sua età, ma rispetto allo sviluppo psicomotorio e cognitivo non presenta problemi o difficoltà particolari L’età di 3 anni costituisce una sorta di spartiacque tra i bambini cosiddetti “parlatori tardivi” e i bambini con un probabile disturbo specifico di linguaggio.
Di norma è necessario intervenire con una valutazione specialistica mirata che coinvolge l’equipe medica e d il logopedista oltre a consulenze specialistiche che vanno definite caso per caso.

Dislalia

Bambini che a sei ancora producono errori di articolazione possono essere identificati nell’ambito delle dislalie Le più comuni forme di dislalia e le più semplici sono il rotacismo,o più comunemente “r moscia” ed il sigmatismo.
Le dislalie si suddividono in:

  • dislalie funzionali ,nelle quali l’errata pronuncia è causata da una cattiva impostazione ed inadeguato utilizzo di uno o più settori dell’Apparato Fono-Articolatorio;
  • dislalie audiogene ,dovute a malattie che alterano o impediscono una adeguata percezione dei suoni,come le otiti ricorrenti o le ipoacusie.

Nella gran parte dei bambini dislalici ,tuttavia,non si ritrovano alterazioni organiche alla base della mancata acquisizione di un suono, ma cause “funzionali”.
Una ipertrofia delle adenoidi,inoltre,riniti ricorrenti e/o persistenti possono obbligare il bambino a respirare con la bocca aperta determinando dislalie a carico dei fonemi che vengono articolati non correttamente con deficit spesso a carico della lingua . L’uso prolungato del ciuccio o del biberon o, in età successiva, le abitudini viziate quali il succhiarsi il pollice, mangiarsi le unghie, etc., inducono la spinta della lingua tra gli incisivi durante la fonazione e possono provocare dislalie..

  • Dislalie Organiche, ( le più gravi)causate da malformazioni o lesioni a livello di uno o più settori del

Sistema Articolatorio ,ad esempio nei casi di Palatoschisi,insufficienza velare,malformazione alla arcate dentarie (prognatismo,progenismo),alterazione del morso dentale,palato ogivale,frenulo corto,macroglossia,ipertrofia adenoidea;

Disturbi specifici del linguaggio (dsl)

I disturbi Specifici del linguaggio (DSL) rappresentano un insieme eterogeneo di quadri sindromici caratterizzati da un disordine in uno o più ambiti dello sviluppo linguistico. La definizione di specific Language impairment (SLI) in inglese, DSL in italiano, viene utilizzata per quei disturbi di linguaggio ai quali non deve essere associato un deficit cognitivo ( QI non < 80),né altre patologie evolutive sindromiche. Inoltre tale definizione,per convenzione,implica che non siano presenti deficit sensoriali,motori,affettivi e importanti carenze socio-ambientali. La diagnosi viene così definita per esclusione rispetto alle suddette manifestazioni cliniche.
I bambini con disturbo specifico del linguaggio presentano difficoltà di vario grado nella comprensione,nella produzione,nell’uso del linguaggio,sia in una o in tutte le componenti formali linguistiche (fonetica,fonologia,semantica,morfologia,sintassi),sia negli aspetti funzionali (funzione pragmatica,dialogica,discorsivo,narrativa),con un’evoluzione nel tempo che varia in rapporto alla gravità e alla persistenza del disturbo linguistico.
Possiamo identificare in questo ambito:

  • il DSL disordine fonologico (il meno grave nella casistica dei DSL);
  • il DSL fonetico, fonologico e morfosintattico a cui si associano anche deficit della coordinazione motoria e dell’attenzione;
  • il disturbo semantico-pragmatico;
  • la disprassia orale e verbale (CAS e DVE).

DSL fonetico fonologico

Con disturbo fonetico fonologico si intende un’alterazione nella capacità di categorizzare percettivamente i fonemi secondo parametri significativi e di programmare la corretta sequenza dei suoni (foni), che costituiscono la stringa della parola (deficit di programmazione fonologica).
In alcuni bambini si riscontra un disturbo fonologico che determina la produzione di un linguaggio poco o per nulla decifrabile,gergolalico e neologistico. Tali bambini vanno aiutati, attraverso un percorso riabilitativo specifico, a riconoscere e/o produrre gradualmente un linguaggio più vicino al modello adulto.

DSL fonetico-fonologico-morfosintattico con DSM,DCM,componenti disprattiche e deficit delle FE

Oltre che deficit fonologico deviante,deficit fonetico-articolatorio e deficit morfosintattico,si riscontrano cadute anche in comprensione molto variabili e profili caratteristici con deficit sia nella coordinazione motoria (deficit nello schema motorio DSM, deficit nella coordinazione motoria DCM) che nelle abilità prassiche,di diversa entità. In questi casi il deficit di produzione investe l’ambito fonetico-fonologico,con deficit lessicale e morfosintattico,spesso in associazione a deficit nella coordinazione motorio e ad elementi disprattici come le carenti abilità grafomotorie. E’ inoltre presente un deficit marcato delle funzioni esecutive (FE) ovvero facile distraibilità, deficit dell’attenzione sostenuta.

DSL semantico-pragmatico

Disturbo legato all’uso e al contenuto del linguaggio a fronte di una produzione fonologica e sintattica poco o per nulla compromessa;è inoltre presente marcato deficit delle Funzioni Esecutive,oltre a Deficit nella Comprensione Lessicale e Sintattica e deficit Motorio-Prassico.
Nel bambino che presenta questo tipo di disturbo,il quadro clinico è caratterizzato da maggiori deficit nel fronte funzionale della comunicazione,in particolare ad essere deficitarie risultano essere la capacità di attribuire significati e di concettualizzazione linguistica (semantica),nonché l’uso dello stesso (pragmatica),sia in ambito recettivo che espressivo.

Disprassia verbale evolutiva ( DVE)

La definizione di disprassia verbale è ancora controversa nella letteratura sui disturbi di linguaggio. E’ ancora infatti molto dibattuta l’eziologia e poco definiti i criteri diagnostici; solo recentemente anche a livello internazionale viene ribadita l’importanza di definire delle linee guida per la diagnosi e stabilire quali indicatori possono essere considerati validi per una diagnosi differenziale (Royal College of Speech and Language Therapists 2011).
La disprassia verbale (DVE) è un disturbo caratterizzato da un serio deficit in produzione e percezione, deficit di coarticolazione grave e deviante disordine fonologico, marcato , spesso assenza totale di produzione verbale.
In particolare nella casistica della DVE vi sono casi in cui si associa un serio deficit motorio dell’apparato fonatorio (DVE e CAS). (CAS= nota termine inglese che significa aprassia della produzione verbale = Children Apraxia of Speech)
Il bambino con DVE presenta una evidente difficoltà di articolazione nella transizione tra segmento e segmento e tra sillaba e sillaba (disturbo della coarticolazione), indicante deficit nella pianificazione e programmazione dei movimenti articolatori deputati alla produzione verbale. Spesso il bambino può produrre correttamente fonemi isolati, ma con grande difficoltà le sillabe, le parole e le non -parole. Il profilo neuromotorio di questi bambini evidenzia cadute specifiche marcate sia rispetto alla coordinazione del movimento che in ambito prassico. La comprensione del linguaggio è abbastanza conservata,ma soprattutto in situazioni contestuali.
La DVE è caratterizzata da persistenza del disturbo nel tempo.
E’ essenziale inoltre fare una distinzione e una diagnosi differenziale tra disprassia verbale e disprassia orale,le quali non sempre coincidono: si rilevano,infatti,casi di Disprassia verbale in assenza di disprassia orale DVE ,in cui il deficit investe soprattutto i processi sequenziali, e casi di deficit marcato dell’Apparato Fonatorio e delle prassie dell’apparato bucco –linguale, (movimenti mandibola ,labbra,lingua) in cui il deficit di produzione verbale diventa molto marcato. Questa distinzione è altresì fondamentale per ben comprendere come agire e in che modo pianificare il trattamento con questo tipo di bambini.
Nei casi più gravi a volte si deve intervenire per supportare la comunicazione tramite sistemi alternativi ovvero con Il programma di CAA Comunicazione Aumentativa Alternativa preferibilmente su IPAD ed uso di Segni dal vocabolario della LIS. Tale metodologia è efficace anche nei casi meno gravi se usata in fase iniziale come supporto al verbale

Balbuzie

Attualmente la maggior parte degli autori considera la balbuzie frutto di fattori organici predisponenti, più precisamente una predisposizione organica geneticamente determinata o acquisita,su cui si innescano fattori funzionali scatenanti, come condizionamenti dovuti inizialmente ad atteggiamenti familiari errati, eventuali traumi e, successivamente, influenze ambientali nei rapporti interpersonali.
La balbuzie è un tipico disordine evolutivo che comincia nella prima infanzia e continua nell’età adulta per almeno il 20% dei bambini che ne sono affetti. Il primo manifestarsi della balbuzie è, in media, intorno ai 30 mesi. Sebbene esiste una certa variabilità, i primi segni della balbuzie consistono nella ripetizione di sillabe o parole. Molti soggetti pienamente coscienti del proprio disturbo cominciano a identificarsi come “balbuzienti”. Con questo può comparire una più profonda frustrazione, imbarazzo e vergogna.
Alla luce di ciò, sarebbe molto importante effettuare una diagnosi precoce, che prevenga l’instaurarsi dei meccanismi di mantenimento che aggravano il problema.

Deglutizione atipica infantile

Con il termine deglutizione atipica si definisce il mancato passaggio dalla deglutizione neonatale a quella di tipo adulto. Nel corso del tempo, il bambino modifica il modo di deglutire in base al tipo di alimentazione e al modo di nutrirsi.
Con lo svezzamento si iniziano ad introdurre cibi primi semisolidi poi più consistenti e il bambino impara con un movimento di spinta antero-posteriore della lingua a dirigere il cibo contro il palato e quindi verso la gola (deglutizione adulta). Molti bambini mantengono la deglutizione infantile oltre il periodo considerato normale (deglutizione atipica infantile). Spesso le cause sono il protrarsi dell’uso del biberon o del ciuccio, la suzione del dito e le affezioni del cavo nasale (riniti ricorrenti o croniche, sinusiti, ipertrofia delle adenoidi o dei turbinati) che portano il bambino a stare e/o respirare con la bocca aperta (respirazione orale).
La respirazione orale impedisce alle arcate dentarie di chiudersi e obbliga la lingua in basso portandola a spingere in avanti a ogni atto deglutitorio.
Anche la pronuncia di alcuni fonemi (soprattutto S e Z) può essere influenzata da una deglutizione atipica infantile poiché la lingua s’interpone tra i denti anche durante la loro pronuncia.
Il mal funzionamento della lingua si ripercuote su tutta la catena favorendo l’assetto posturale tipico di soggetti con deglutizione atipica: testa e tronco protesi in avanti con aumento delle curve cervico-dorso-lombari, ventre prominente ecc.
Fondamentale diventa quindi la rieducazione della lingua e della deglutizione attraverso le tecniche e gli esercizi della terapia mio funzionale (TMF) utilizzata in logopedia associata ad un trattamento di rieducazione posturale utilizzato in fisioterapia.

Disfonia infantile

I disturbi di voce in età pediatrica, noti come disfonie infantili, colpiscono oltre un milione di bambini di diverse nazioni del mondo; i maschi, solitamente più agitati e “urlatori abituali”, sono colpiti da patologia nodulare delle corde vocali con un rapporto di 2:1 rispetto alle femmine.
La maggior parte delle disfonie infantili sono disfunzionali,ossia legate ad abuso o cattivo uso della voce da parte dei bambini che provoca un cambiamento della voce, stessa la quale diventa rauca, grave per un periodo prolungato, a volte addirittura afona con fatica fonatoria.
Quando la disfunzionalità si protrae nel tempo può andare incontro alla formazione di noduli alle corde vocali e costituisce il presupposto delle alterazioni funzionali croniche dell’adulto.
La disfonia è provocata generalmente da abuso/utilizzo scorretto della voce, dall’eccessivo sforzo vocale dovuto ad atteggiamenti vocali e respiratori errati, spesso legati a imitazione di scorretti modelli vocali; In questi casi assumono particolare importanza le norme della PROSSEMICA VOCALE. Per “prossemica vocale” si intende l’insieme delle norme che regolano la capacità di gestire l’intensità della propria voce in relazione alla distanza con l’interlocutore e alla situazione comunicativa. La scuola è oggi l’ambiente in cui i bambini trascorrono la maggior parte della giornata e in cui si verificano in percentuale maggiore situazioni di malmenage vocale: entrando in una classe, ad esempio, si può notare che i dialoghi tra compagni vengono portati avanti anche a 10 m di distanza tra i vari interlocutori; la ricreazione, in assenza di regole conversazionali, è vissuta dai bambini non tanto come un momento di riposo, quanto un’occasione per sfogarsi, secondo l’erronea convinzione degli adulti che se un bambino corre, salta e urla, scarica energie e sarà poi più facilmente contenibile durante la lezione. Per loro natura, i bambini non rispettano la prossemica vocale, pertanto sarà l’adulto che dovrà richiamare l’attenzione verso un buon uso della voce, prima di tutto fornendo egli stesso un modello vocale adeguato, affinché il bambino, per modellamento, impari naturalmente il corretto atteggiamento fonatorio e comunicativo. L’intervento logopedico è mirato impedire precocemente l cronicizzarsi di abitudini respiratorie e vocali errate al fine di evitare l’intervento chirurgico per eventuali noduli alle corde vocali .
Nel trattamento logopedico, ad un percorso con il bambino si affianca un lavoro di supporto alla famiglia proponendo suggerimenti per una buona igiene vocale; Il bambino, con esercizi proposti in forma ludica, viene guidato a prender consapevolezza del proprio corpo e soprattutto dell’ organo vocale, della qualità della voce e stile vocale altrui. Vengono proposti “giochi” di rilassamento, respirazione, ritmo, esercizi vocali, di coordinazione pneumo-fonica, vengono fornite al bambino strategie, per es. per farsi sentire lontano senza urlare, per comunicare in modo adeguato nelle situazioni di abuso vocale, etc.
E’ molto importante rendere questa esperienza il più possibile piacevole, in modo da lasciare al bambino un vissuto positivo che possa essere riutilizzato nelle modalità comunicative della vita quotidiana.

I Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA)

In base agli ultimi studi più accreditati, i disturbi specifici dell’apprendimento (DSA), sono di origine neurobiologica, derivano cioè dall’interazione tra fattori genetici e fattori ambientali e causano l’alterazione della capacità di percepire o elaborare, in modo efficiente e preciso, informazioni verbali e non-verbali. I DSA sono tipici dell’età evolutiva, diagnosticabili dopo i primi anni della scuola elementare; le principali caratteristiche sono la “specificità” e la “settorialità” delle cadute. Le difficoltà si evidenziano nelle abilità di lettura, scrittura e/o calcolo. I DSA dunque sono un disturbo che interessa uno specifico dominio di abilità in modo significativo ma circoscritto, lasciando intatto il funzionamento intellettivo generale. Possono infatti essere diagnosticati solo in persone dotate di una normale intelligenza e in assenza di situazioni di deficit neurologici o sensoriali, disturbi psicopatologici primari e svantaggio socio-culturale.
I DSA costituiscono un disturbo “cronico” la cui espressività si modifica significativamente in relazione all’età e alle richieste ambientali: si manifestano cioè con caratteristiche diverse nel corso dell’età evolutiva. E’ inoltre frequente la copresenza di più disturbi dell’apprendimento (comorbidità interna) o di altri disturbi psicopatologici come il disturbo dell’attenzione con/senza iperattività, l’ansia, la depressione e i disturbi della condotta.
Secondo le abilità coinvolte, il disturbo si classifica in: dislessia (lettura e comprensione), disortografia (disturbo della compitazione), discalculia (calcolo) e disgrafia (componenti grafo-motorie).
La dislessia si manifesta attraverso una minore correttezza e rapidità della lettura a voce alta rispetto a quanto atteso per età anagrafica, classe frequentata o istruzione ricevuta e può interessare anche la comprensione della lettura.
Il disturbo specifico di scrittura si definisce disortografia e riguarda l’acquisizione delle regole ortografiche. Rappresenta un disordine di codifica del testo scritto, che viene fatto risalire ad un deficit di funzionamento delle componenti centrali del processo di scrittura, responsabili della transcodifica del linguaggio orale nel linguaggio scritto.
La discalculia riguarda l’abilità di calcolo, sia nella componente dell’organizzazione della cognizione numerica, sia in quella delle procedure esecutive e del calcolo (la lettura e scrittura dei numeri, l’incolonnamento, il recupero dei fatti numerici e gli algoritmi del calcolo scritto vero e proprio).
La disgrafia infine fa riferimento al controllo degli aspetti grafici, formali, della scrittura manuale, ed è collegata alle abilità motorio-esecutive del bambino e si manifesta in una minore fluenza e qualità dell’aspetto grafico della scrittura. Spesso è su base disprattica e motoria.
Esistono diverse ipotesi eziologiche, si parla del ruolo del linguaggio e della consapevolezza fonologica ma anche dell’importanza delle abilità di coordinazione motoria e visuo-motorie oltre che del ruolo delle funzioni esecutive, ovvero di quel complesso insieme di processi cognitivi (quali attenzione, inibizione, flessibilità cognitiva, memoria di lavoro, capacità di pianificazione, e problem solving ecc.) finalizzati all’applicazione di comportamenti complessi.

Ritardo mentale

Il ritardo mentale è una patologia cognitiva persistente, rappresenta una condizione di interrotto o incompleto sviluppo psichico, con compromissione delle abilità che solitamente si manifestano durante il periodo evolutivo (capacità cognitive, linguistiche, motorie, sociali).
In sintesi esso risulta dall’insieme dei deficit dello sviluppo cognitivo e socio-relazionale.
i termini della definizione diagnostica sono i seguenti:

  • un funzionamento intellettivo generale significativamente sotto la media (QI di circa settanta o inferiori, ottenuto con un test standardizzato somministrato individualmente);
  • concomitanti limitazioni nell’adattamento in due o più aree tra:
  1. comunicazione;
  2. cura della persona;
  3. vita in famiglia;
  4. attività sociali;
  5. capacità di usare le risorse della comunità;
  6. autodeterminazione;
  7. scuola;
  8. lavoro;
  9. tempo libero;
  10. salute;
  11. sicurezza.

Possono essere specificati 4 diversi gradi di ritardo intellettivo:

  • lieve (85% dei casi), QI da 50-55 a 70;
  • moderato (10%), QI da 35-40 a 50-55;
  • grave (3-4%), QI da 20-25 a 35-4=;
  • gravissimo (1-2%), QI inferiore 20-25.

Il lavoro del logopedista è volto alla riabilitazione di tre diversi ambiti: ricettivo,espressivo e prassico. Sono molto importanti, inoltre, interventi extra-familiari ed extra-scolastici volti al potenziamento delle abilità motorie, delle abilità comunicative e linguistiche e delle capacità cognitive.
Posta la diagnosi di un’insufficienza mentale, inizia il compito del logopedista il quale deve quindi aver chiari alcuni punti:

  • il livello globale del bambino e tutte le sue caratteristiche: capacità attentiva, di memorizzazione, ecc. (funzioni esecutive globali);
  • il livello della capacità d’apprendimento didattico (potenziale di Apprendimento);
  • la collaborazione dei genitori,la quale risulta essere elemento indispensabile per ottenere il miglior recupero possibile per ciascun soggetto.

Disturbo generalizzato dello sviluppo (DGS)

I DGS sono rappresentati da categorie diagnostiche che mostrano quadri clinici multiformi, caratterizzati da diversi livelli di funzionamento cognitivo e da aspetti affettivi e relazionali diversificati. La sintomatologia iniziale si evidenzia nella prima infanzia ed è costituita da capacità sociali, comunicative e cognitive di base ritardate o ridotte. La sigla DGS è usata spesso come premessa per un eventuale sindrome autistica o nello spettro autistico
Essa comporta un percorso distinto in fasi che implicano il coinvolgimento di un’equipe composta da neuropsichiatra infantile, terapista della neuropsicomotricità dell’età evolutiva, psicologo, logopedista. Le fasi fondamentali sono caratterizzate dall’anamnesi e dalle osservazioni cliniche.
La caratteristica comune è la compromissione in diverse aree dello sviluppo: nella capacità di interazione sociale reciproca, nella capacità di comunicazione verbale e non verbale e nell’attività immaginativa. Spesso è presente un repertorio di attività ed interessi marcatamente ristretto e frequentemente sono presenti comportamenti ripetitivi e stereotipati. Ancora vi è una grave difficoltà nello sviluppo della comprensione psicologica di sé e degli altri ovvero di una “teoria della mente”. La funzione linguistica appare sganciata dalla comunicazione ed evidenzia una difficoltà nell’emergenza e nell’uso della comprensione verbale ed una difficoltà di comunicazione sia verbale che non verbale.
in maniera prioritaria sulla comprensione e che si spingano sula versante espressivo in modo intrinsecamente legato all’aspetto ricettivo,in maniera prioritaria sulla comprensione e che si spingano sula versante espressivo in modo intrinsecamente legato all’aspetto ricettivo. L’obiettivo dell’intervento logopedico è quello di favorire l’integrazione tra le funzioni comunicative, simboliche e cognitive e gli aspetti emotivi necessari alla nascita della parola. Importante che anche la logopedia sia prevista in epoca precoce affiancata al lavoro in maniera prioritaria sulla comprensione e che si spingano sula versante espressivo in modo intrinsecamente legato all’aspetto ricettivo.
La letteratura internazionale sottolinea l’importanza di iniziare l’intervento in età precoce, e sappiamo anche che per i familiari la pianificazione precoce dell’intervento e della presa in carico allontana il senso di smarrimento, di impotenza e di incertezza per il futuro rendendo la famiglia una componente attiva di un programma con obiettivi precisi da raggiungere attraverso un lavoro coerente di diverse figure professionali.
A queste premesse è doveroso sottolineare che i soggetti con autismo hanno benefici da un programma d’ intervento psico-educativo e cognitivo-comportamentale Per quanto riguarda la durata dell’intervento, deve essere sottolineato che le persone con autismo necessitano di programmi che coprano l’intero arco della vita. Tali programmi sono caratterizzati da obiettivi diversi e coinvolgono contesti diversi nelle diverse fasi di vita, e man mano che gli obiettivi di un programma vengono realizzati, nuovi obiettivi, più ambiziosi, vengono pianificati, in un ciclo continuo di nuove valutazioni e nuove programmazioni.

Sordità infantile

Le persone nate sorde o diventate tali nei primi anni di vita riscontrano difficoltà nell’apprendere la lingua parlata che non acquisiscono in maniera naturale ma che deve essergli insegnata attivamente. Per favorire il successo di interventi riabilitativi sulla sordità congenita si ricorre, sempre più, allo screening uditivo neonatale: in tal modo è possibile velocizzare operazioni di diagnosi, protesi, impianto cocleare, preliminari ai percorsi riabilitativi ed apprendimento linguistico.
Tipi e livelli di sordità:
Il danno riportato dall’udito può essere lieve, medio, grave o addirittura profondo: un soggetto in questa condizione non percepisce nemmeno suoni e rumori di elevata intensità. Quando la sordità interessa un solo orecchio si parla di “anacusia”, altrimenti di “cofosi”. La sordità parziale è invece nota col nome di ipoacusia, la quale può essere indotta dai danni relativi ai rumori (NIHL) oppure dall’invecchiamento (ARHL, o presbiacusia). Oltre che per l’entità della riduzione uditiva, l’ipoacusia viene classificata in base alla sede del danno che l’ha prodotta:

  • trasmissiva: il danno è avvenuto a livello dell’orecchio esterno o a livello delle strutture trasmissive dell’orecchio medio (catena ossiculare). Il deficit è solitamente pantonale, benché sia solitamente più accentuato per le frequenze medio-gravi. Raramente il deficit di tipo trasmissivo è superiore a 50-60 dB.
  • neurosensoriale: il danno è localizzato a livello della coclea (ipoacusia neurosensoriale cocleare) o a livello del nervo acustico (ipoacusia neurosensoriale retrococleare). Il deficit dipende dall’entità del danno e dalla localizzazione mono o bilaterale. Nel caso in cui il nervo acustico non sia eccessivamente danneggiato, parte dell’input uditivo può essere recuperata mediante intervent

Le due metodologie di cura della sordità natale sono:

  • oralismo puro: quando la persona viene educata all’apprendimento della lingua tramite la logopedia, dopo che gli sono state applicate protesi e/o impianti cocleari;
  • metodo bimodale: quando alla persona vengono insegnate sia la lingua locale sia la lingua dei segni. Ricerche dimostrano che l’apprendimento della seconda facilita l’assimilazione della prima.

Attivita’ di supervisione logopedica

All’interno del nostro Centro è possibile effettuare interventi di supervisione della terapia logopedica a bambini provenienti dalla Regione o da altre Regioni d’Italia.
Sempre più di frequente negli ultimi anni, la Dott.ssa L. Sabbadini, psicologa clinica e neuropsicologa del nostro gruppo di lavoro riceve richieste provenienti da diverse parti dell’Italia, cercando di offrire migliori risposte rispetto alle difficoltà rilevate dagli operatori nel piano di trattamento attuato e dai genitori nella gestione delle difficoltà dei propri figli.
In questi casi è prevista una valutazione neuropsicologica specifica della Dott.ssa Sabbadini ,successivamente affiancata da quella di un logopedista del nostro centro,e può articolarsi mediante incontri periodici con operatori,bambino e genitori,a cadenza semestrale,e attraverso lo scambio di materiale cartaceo o di materiale audio e video per via telematica,al fine di meglio indirizzare e monitorare il piano di trattamento del paziente. Per poter portare avanti un progetto a distanza è necessaria la massima collaborazione da parte di tutte le figure professionali che gravitano attorno al bambino,al fine di creare una valida rete di scambio professionale.

Attivita’ in piccolo gruppo

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All’interno della nostra struttura sono previste attività in gruppo: gruppi piccoli di 3-4 bambini e gruppi più grandi composti da 5-6 bambini. Le figure professionali coinvolte possono essere quella del logopedista,del Terapista della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva (TNPEE) e dello psicologo,a seconda degli obiettivi proposti. La durata dell’intervento in gruppo è di 50 minuti/1 h, per circa 3 mesi di trattamento. Gli argomenti oggetto delle attività presentate nel piccolo gruppo vertono sulla comunicazione funzionale,e quindi su aspetti metalinguistici,sul potenziamento cognitivo e delle Funzioni Esecutive,sui prerequisiti all’apprendimento della Letto-scrittura e sulle abilità Motorio-Prassiche.